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quest andata onde li dai tu vanto, intese cose che furon cagione di sua vittoria e del papale ammanto.Andovvi poi lo Vas d elezïone, per recarne conforto a quella fede ch è principio a la via di salvazione.Ma io, perché venirvi o chi l concede Io non Enëa, io non Paulo sono me degno a ciò né io né altri l crede.
cominciai Poeta che mi guidi, guarda la mia virtù s ell è possente, prima ch a l alto passo tu mi fidi.Tu dici che di Silvïo il parente, corruttibile ancora, ad immortale secolo andò, e fu sensibilmente.Però, se l avversario d ogne male cortese i fu, pensando l alto effetto ch uscir dovea di lui, e l chi e l quale non pare indegno ad omo d intelletto ch e fu de l alma Roma e di suo impero ne l empireo ciel per padre eletto la quale e l quale, a voler dir lo vero, fu stabilita per lo loco santo u siede il successor del maggior Piero.
angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente, sì che non par ch i ti vedessi mai.Ma dimmi chi tu se che n sì dolente loco se messo, e hai sì fatta pena, che, s altra è maggio, nulla è sì spiacente.Ed elli a me La tua città, ch è piena d invidia sì che già trabocca il sacco, seco mi tenne in la vita serena.
Perché pur gride Non impedir lo suo fatale andare vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire or son venuto là dove molto pianto mi percuote.
Però che ciascun meco si convene nel nome che sonò la voce sola, fannomi onore, e di ciò fanno bene.Così vid i adunar la bella scola di quel segnor de l altissimo canto che sovra li altri com aquila vola.Da ch ebber ragionato insieme alquanto, volsersi a me con salutevol cenno, e l mio maestro sorrise di tanto e più d onore ancora assai mi fenno, ch e sì mi fecer de la loro schiera, sì ch io fui sesto tra cotanto senno.
udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi, mentre che l vento, come fa, ci tace.Siede la terra dove nata fui su la marina dove l Po discende per aver pace co seguaci sui.Amor, ch al cor gentil ratto s apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta e l modo ancor m offende.
Ruppemi l alto sonno ne la testa un greve truono, sì ch io mi riscossi come persona ch è per forza desta e l occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per conoscer lo loco dov io fossi.Vero è che n su la proda mi trovai de la valle d abisso dolorosa che ntrono accoglie d infiniti guai.
sappi che, dinanzi ad essi, spiriti umani non eran salvati.Non lasciavam l andar perch ei dicessi, ma passavam la selva tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi.Non era lunga ancor la nostra via di qua dal sonno, quand io vidi un foco ch emisperio di tenebre vincia.
posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno.La sesta compagnia in due si scema per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l aura che trema.E vegno in parte ove non è che luca.
occhi ha vermigli, la barba unta e atra, e l ventre largo, e unghiate le mani graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.Urlar li fa la pioggia come cani de l un de lati fanno a l altro schermo volgonsi spesso i miseri profani.Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, le bocche aperse e mostrocci le sanne non avea membro che tenesse fermo.
volere è d ambedue tu duca, tu segnore e tu maestro.Così li dissi e poi che mosso fue, intrai per lo cammino alto e silvestro. Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l etterno dolore, per me si va tra la perduta gente.
quella a me Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria e ciò sa l tuo dottore.Ma s a conoscer la prima radice del nostro amor tu hai cotanto affetto, dirò come colui che piange e dice.Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse soli eravamo e sanza alcun sospetto.
giorno se n andava, e l aere bruno toglieva li animai che sono in terra da le fatiche loro e io sol uno m apparecchiava a sostener la guerra sì del cammino e sì de la pietate, che ritrarrà la mente che non erra.O muse, o alto ingegno, or m aiutate o mente che scrivesti ciò ch io vidi, qui si parrà la tua nobilitate.
Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch io fugga questo male e peggio, che tu mi meni là dov or dicesti, sì ch io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti.Allor si mosse, e io li tenni dietro.
Quinci non passa mai anima buona e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che l suo dir suona.Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna.La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento e caddi come l uom cui sonno piglia.
convien tenere altro vïaggio, rispuose, poi che lagrimar mi vide, se vuo campar d esto loco selvaggio ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo mpedisce che l uccide e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo l pasto ha più fame che pria.
cominciai Poeta, volontieri parlerei a quei due che nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggeri.Ed elli a me Vedrai quando saranno più presso a noi e tu allor li priega per quello amor che i mena, ed ei verranno.Sì tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce O anime affannate, venite a noi parlar, s altri nol niega.
costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti.Ma poi che vide ch io non mi partiva, disse Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare più lieve legno convien che ti porti.E l duca lui Caron, non ti crucciare vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.
rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto.E poi ch a riguardar oltre mi diedi, vidi genti a la riva d un gran fiume per ch io dissi Maestro, or mi concedi ch i sappia quali sono, e qual costume le fa di trapassar parer sì pronte, com i discerno per lo fioco lume.
Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov i era, che mi sedea con l antica Rachele.Disse Beatrice, loda di Dio vera, ché non soccorri quei che t amò tanto, ch uscì per te de la volgare schiera Non odi tu la pieta del suo pianto, non vedi tu la morte che l combatte su la fiumana ove l mar non ha vanto.
disse a me Più non si desta di qua dal suon de l angelica tromba, quando verrà la nimica podesta ciascun rivederà la trista tomba, ripiglierà sua carne e sua figura, udirà quel ch in etterno rimbomba.Sì trapassammo per sozza mistura de l ombre e de la pioggia, a passi lenti, toccando un poco la vita futura per ch io dissi Maestro, esti tormenti crescerann ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran sì cocenti.
Intanto voce fu per me udita Onorate l altissimo poeta l ombra sua torna, ch era dipartita.Poi che la voce fu restata e queta, vidi quattro grand ombre a noi venire sembianz avevan né trista né lieta.Lo buon maestro cominciò a dire Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire quelli è Omero poeta sovrano l altro è Orazio satiro che vene Ovidio è l terzo, e l ultimo Lucano.
Elena vedi, per cui tanto reo tempo si volse, e vedi l grande Achille, che con amore al fine combatteo.Vedi Parìs, Tristano e più di mille ombre mostrommi e nominommi a dito, ch amor di nostra vita dipartille.Poscia ch io ebbi l mio dottore udito nomar le donne antiche e cavalieri, pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. O tu che vieni al doloroso ospizio, disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l atto di cotanto offizio, guarda com entri e di cui tu ti fide non t inganni l ampiezza de l intrare.
Genti v eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne lor sembianti parlavan rado, con voci soavi.Traemmoci così da l un de canti, in loco aperto, luminoso e alto, sì che veder si potien tutti quanti.Colà diritto, sovra l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m essalto.
Intesi ch a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragion sommettono al talento.E come li stornei ne portan l ali nel freddo tempo, a schiera larga e piena, così quel fiato li spiriti mali di qua, di là, di giù, di sù li mena nulla speranza li conforta mai, non che di posa, ma di minor pena.
terzo cerchio, de la piova etterna, maladetta, fredda e greve regola e qualità mai non l è nova.Grandine grossa, acqua tinta e neve per l aere tenebroso si riversa pute la terra che questo riceve.Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa.
lungi n eravamo ancora un poco, ma non sì ch io non discernessi in parte ch orrevol gente possedea quel loco. O tu ch onori scïenzïa e arte, questi chi son c hanno cotanta onranza, che dal modo de li altri li diparte.E quelli a me L onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazïa acquista in ciel che sì li avanza.
cantando lor lai, faccendo in aere di sé lunga riga, così vid io venir, traendo guai, ombre portate da la detta briga per ch i dissi Maestro, chi son quelle genti che l aura nera sì gastiga. La prima di color di cui novelle tu vuo saper, mi disse quelli allotta, fu imperadrice di molte favelle.
fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, né fiamma d esto ncendio non m assale.Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo mpedimento ov io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange.Questa chiese Lucia in suo dimando e disse Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando.
venni a te così com ella volse d inanzi a quella fiera ti levai che del bel monte il corto andar ti tolse.Dunque che è perché, perché restai, perché tanta viltà nel core allette, perché ardire e franchezza non hai, poscia che tai tre donne benedette curan di te ne la corte del cielo, e l mio parlar tanto ben ti promette.
mondo non fur mai persone ratte a far lor pro o a fuggir lor danno, com io, dopo cotai parole fatte, venni qua giù del mio beato scanno, fidandomi del tuo parlare onesto, ch onora te e quei ch udito l hanno.Poscia che m ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse, per che mi fece del venir più presto.
venire io m abbandono, temo che la venuta non sia folle.Se savio intendi me ch i non ragiono.E qual è quei che disvuol ciò che volle e per novi pensier cangia proposta, sì che dal cominciar tutto si tolle, tal mi fec ïo n quella oscura costa, perché, pensando, consumai la mpresa che fu nel cominciar cotanto tosta.
posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che l piè fermo sempre era l più basso.Ed ecco, quasi al cominciar de l erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta e non mi si partia dinanzi al volto, anzi mpediva tanto il mio cammino, ch i fui per ritornar più volte vòlto.
volontieri acquista, e giugne l tempo che perder lo face, che n tutti suoi pensier piange e s attrista tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove l sol tace.Mentre ch i rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco.
Ritorna a tua scïenza, che vuol, quanto la cosa è più perfetta, più senta il bene, e così la doglienza.Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion già mai non vada, di là più che di qua essere aspetta.Noi aggirammo a tondo quella strada, parlando più assai ch i non ridico venimmo al punto dove si digrada quivi trovammo Pluto, il gran nemico.
conte quando noi fermerem li nostri passi su la trista riviera d Acheronte.Allor con li occhi vergognosi e bassi, temendo no l mio dir li fosse grave, infino al fiume del parlar mi trassi.Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando Guai a voi, anime prave Non isperate mai veder lo cielo i vegno per menarvi a l altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e n gelo.
maestro a me Tu non dimandi che spiriti son questi che tu vedi Or vo che sappi, innanzi che più andi, ch ei non peccaro e s elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber battesmo, ch è porta de la fede che tu credi e s e furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio e di questi cotai son io medesmo.
quelli a me Dopo lunga tencione verranno al sangue, e la parte selvaggia caccerà l altra con molta offensione.Poi appresso convien che questa caggia infra tre soli, e che l altra sormonti con la forza di tal che testé piaggia.Alte terrà lungo tempo le fronti, tenendo l altra sotto gravi pesi, come che di ciò pianga o che n aonti.
Questi la caccerà per ogne villa, fin che l avrà rimessa ne lo nferno, là onde nvidia prima dipartilla.Ond io per lo tuo me penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch a la seconda morte ciascun grida e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire quando che sia a le beate genti.
Caccianli i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch alcuna gloria i rei avrebber d elli.E io Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa sì forte.Rispuose Dicerolti molto breve.Questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che nvidïosi son d ogne altra sorte.
passavam su per l ombre che adona la greve pioggia, e ponavam le piante sovra lor vanità che par persona.Elle giacean per terra tutte quante, fuor d una ch a seder si levò, ratto ch ella ci vide passarsi davante. O tu che se per questo nferno tratto, mi disse, riconoscimi, se sai tu fosti, prima ch io disfatto, fatto.
fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso ma solo un punto fu quel che ci vinse.Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante.
Eletra con molti compagni, tra quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni.Vidi Cammilla e la Pantasilea da l altra parte vidi l re Latino che con Lavina sua figlia sedea.Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia e solo, in parte, vidi l Saladino.
Quando vidi costui nel gran diserto, Miserere di me, gridai a lui, qual che tu sii, od ombra od omo certo.Rispuosemi Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patrïa ambedui.Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.