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Poscia ch io v ebbi alcun riconosciuto vidi e conobbi l ombra giorno se n andava e l aere bruno toglieva li animai tutte parti impera e quivi regge quivi è la sua città Caron non ti crucciare vuolsi così colà dove si puote anima trista non son sola ché tutte queste a simil pena stanno Giusti son due e non vi sono intesi superbia invidia e avarizia Tutti lo miran tutti onor li fanno quivi vid ïo Socrate e Platone Poscia che m ebbe ragionato questo li occhi lucenti lagrimando rispuosi Ciacco il tuo affanno mi pesa sì ch a lagrimar mi nvita rigavan lor di sangue il volto che mischiato di lagrime puose con lieto volto ond io mi confortai mi mise dentro Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo mpedimento cittadini mi chiamaste Ciacco per la dannosa colpa parola tua intesa rispuose del magnanimo quell ombra l anima innalzai un poco più le ciglia vidi l maestro di color che sanno mondo esser non lassa misericordia e giustizia li sdegna maestro e l mio autore tu se solo colui da cu io tolsi lo bello difetti non per altro rio semo perduti e sol di tanto offesi principio del mattino e l sol montava n sù con quelle stelle volere è d ambedue tu duca tu segnore e tu maestro vorrai salire anima fia a ciò più di me degna con lei ti lascerò Parìs Tristano e più di mille ombre mostrommi e nominommi Mentre che l uno spirto questo disse l altro piangëa Però se l avversario d ogne male cortese i fu pensando Genti v eran con occhi tardi e gravi di grande autorità Intanto voce fu per me udita Onorate l altissimo poeta l ombra Quinci fuor quete le lanose gote al nocchier de la livida palude altra è colei che s ancise amorosa e ruppe fede al cener animal grazïoso e benigno che visitando vai per l aere perso fatta da Dio sua mercé tale che la vostra miseria non mi tange